venerdì 15 aprile 2011


A picture dated 28 august 2008 shows Italian pro-Palestinian activist Vittorio Arrigoni (R) as he receives a Palestinian passport from former Hamas prime minister Ismael Haneiya in Gaza City, Gaza Strip.
Hamas authorities in the Gaza Strip condemned 15 April 2011 as a "shameful crime" the kidnap and killing of Italian activist Vittorio Arrigoni whose body was found 15 April hours after he had been abducted by radical Islamists.
Arrigoni, an Italian activist for the International Solidarity Movement (ISM), was found dead in an abandoned house in the north of the Gaza Strip in the early hours 15 April. EPA/MOHAMMED SABER EPA


Free Palestine
scuola materna nella Città Vecchia di Hebron è stata attaccata dai coloni israeliani.
Quattro coloni sono arrivati alla scuola materna con i cani, minacciando i bambini da dietro la recinzione.
I bambini di 5 anni sono stati spaventati dal latrato dei cani e dalle urla dei coloni, e molti di loro erano in uno stato di grave shock in seguito all'attacco.
La morte del pacifista Vittorio Arrigoni non rimanga un sacrificio vano
www.amref.it
Il CINI, Coordinamento Italiano delle ONG Internazionali, composto da AMREF, ActionAid, Save the Children, Terre des hommes, VIS, World Vision e WWF, esprime il più profondo cordoglio e si unisce al dolore della famiglia e dei colleghi per la morte di Vittorio Arrigoni, attivista per i diritti umani...

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L'Api: Israele dietro il rapimento di Vittorio Arrigoni

pubblicata da INFORMAZIONE SCORRETTA il 14 aprile 2011
alle ore 23.36
InfoPal.
"Siamo convinti che dietro il rapimento di Vittorio Arrigoni ci sia Israele e il suo tentativo di fermare la Freedom Flotilla per Gaza": è quanto ha affermato Mohammad Hannoun, presidente dell'Api - Associazione dei Palestinesi in Italia.

Hannoun ha aggiunto: "Israele sta provando in tutti i modi a bloccare la partenza della flotta della libertà diretta nella Striscia di Gaza assediata: ha convocato gli ambasciatori dei Paesi coinvolti nella missione; ha minacciato attacchi come quello lanciato il 31 maggio dell'anno scorso contro la prima Freedom Flotilla; sta facendo pressioni sui governi.

E ora sta cercando di spaventare gli attivisti nascondendosi dietro il gruppo di salafiti che ha rapito Vittorio. Perché nessun palestinese, conoscendo l'impegno e il sacrificio quotidiano di Arrigoni a favore del nostro popolo, il suo continuo rischiare la vita a Gaza, avrebbe mai potuto rapirlo e tentare di fargli del male. Soltanto Israele e i suoi complici possono averlo sequestrato".

"Siamo in contatto costante con il governo di Gaza - ha proseguito Hannoun -, che sta facendo di tutto per liberare Vittorio. Io stesso ho riferito alla famiglia Arrigoni quanto appreso al telefono da rappresentanti governativi. Siamo tutti molti vicini ai genitorio di Vittorio e lo vogliamo libero subito".

Fonte:http://infopal.it/leggi.php?id=18082




Utopia.................


pubblicata da Laura Picchetti
il giorno sabato 16 aprile 2011 alle ore 2.19



Non combattiamo questa guerra. Neanche ci inoltriamo in un campo segnato dalle trincee scavate da Giuliano Ferrara in difesa di Berlusconi e battuto dai cannoni di bronzo della gerontocrazia progressista.
C’è qualcosa di inquietante e cupo, nell’idea che i protagonisti dell’apocalisse finale possano essere, insieme e contro l’autocrate di Arcore, Asor Rosa e Scalfari, la Spinelli e Zagrebelski, Camilleri ed Eco. E che lo scambio possa avvenire a colpi di reciproche denunce di golpismo, sulle quali chiamare ad arbitro Giorgio Napolitano.

Forse è una dichiarazione di sconfitta, questa nostra – in fondo, anche del progetto di Partito democratico – ma dalla sconfitta non deve scaturire obbligatoriamente la cancellazione di sé, di un’autonomia di pensiero e azione, di ciò che rimane della convinzione di dover uscire dalla stagione berlusconiana guardando in avanti e non indietro, con leadership politiche e culturali nuove e non anteguerra, su un terreno di dibattito e scontro risanato e non ulteriormente avvelenato, impregnato dei pesticidi della reciproca delegittimazione.

Fra prescrizioni brevi e dipietrismi, fra un Palasharp debenedettiano e i raduni berlusconiani di Milano, si chiude lo spazio per la soluzione politica di un problema che è comune fra destra e sinistra, e consiste banalmente nel mettere fine per via democratica a un ciclo esaurito, a una stagione che sopravvive solo per la disperazione di chi ci ha prosperato (ed è incapace di immaginare un futuro diverso per sé e per la propria parte), e per la frustrazione di chi non ha saputo promuovere un’alternativa non minoritaria.

Può darsi che ciò che ci atterrisce oggi sia solo un’illusione ottica, che queste figure che ancora pretendono per sé il centro del discorso pubblico siano solo un ologramma, mentre gli italiani in carne e ossa sono ormai tutti fuori e oltre quel bucherellato campo di battaglia.

E che siano in grande maggioranza pronti e convinti a giocarsela con altre regole e altri players, né nei palasport né nei tribunali né in tv, bensì nelle cabine elettorali. Ma è in un mondo di giornali e di opinioni che lavoriamo noi, dunque dobbiamo fare i conti con l’aria che ci tira dentro.

Walter Veltroni si stupisce che possano trovare spazio gli argomenti portati da Asor Rosa sul manifesto a favore del “golpe progressista” da perpetrare per liberarsi di Berlusconi: Veltroni fa bene a dissociarsi, come altri del Pd, però sbaglia a stupirsi. Intanto perché era facile che il pacchetto di mischia berlusconiano cogliesse l’occasione offerta dal vecchio barone rosso, la amplificasse da RaiUno ai fogli del gruppo e ne facesse lo scandalo del momento.
E poi perché l’avventato Asor Rosa non è vox clamantis in deserto: la soluzione spiccia del caso Berlusconi è coerente con la tesi secondo cui viviamo in un regime, con un tiranno da spodestare in ogni modo e una destra abusivamente al potere. Insomma, Asor Rosa dà voce all’universo concettuale che anima la ribellione viola e ne ispira i leader politici e giornalistici, senza che la grande stampa progressista e il grande partito riformista abbiano voluto e saputo dare battaglia per smontare questa autolesionista semplificazione.

Quando Ferrara eleva a rango di nemico principale gli Asor Rosa, gli Scalfari, le Spinelli, da un lato confessa un datato ambito intellettuale di riferimento – sostanzialmente quello dei suoi genitori – da un altro però sfrutta la triste propensione della sinistra a scagliare contro il mondo contemporaneo non solo il Pantheon degli estinti, ma anche il Pantheon dei viventi: dalla conformista presa d’atto dell’inadeguatezza dei leader attuali, dalle nostre parti si passa subito a mobilitare i vecchi combattenti, gli unici abbastanza nobili e intoccati (dalle miserie del quotidiano) da potersi ergere come muraglia etica.
Delusi dal nuovismo, ci rifugiamo nell’improbabile Arcadia dei partiti di massa dell’arco costituzionale di una volta.

Il direttore del Foglio si appella contro il golpe delle élite. È un gesto conformista anch’esso, ormai luogo comune. Si vede che non ha letto il recente bel libro di un suo amico (Un grande paese, Luca Sofri: ci torneremo), nel quale si tenta di rivalutare – contro ogni corrente – l’importanza di leadership selezionate ed elette in quanto migliori, cioè capaci di offrire orientamento, esempio e guida a concittadini che sono in tutto eguali fra loro nei diritti e nei doveri, ma non necessariamente eguali per capacità, competenza, probità.

Ecco, fra il trito e insincero antielitismo di Ferrara e l’eversivo e improvvisato giacobinismo di Asor Rosa, Sofri vede una possibile via d’uscita, in avanti e non indietro, per l’Italia. Tornare a discriminare fra bene e male, giusto e sbagliato, vero e falso, assumendosi la responsabilità di scegliere e di comportarsi di conseguenza: ma non con l’obiettivo di distinguersi da una massa di canaglie ignoranti, stupide o corrotte, bensì con l’ambizione di migliorare se stessi e gli altri; non per far emergere una minoranza eticamente superiore, bensì per conquistare una maggioranza mediamente ben informata e in grado di promuovere dei gruppi dirigenti.

Pare programma ovvio, buonsenso né di destra né di sinistra. In giorni dominati da ologrammi ingrigiti e rumorosi, somiglia di più a un’utopia.

di Stefano Menichini
(è giornalista e scrittore, e dirige Europa Quotidiano.
Il suo blog si chiama Democratico)


venerdì 7 gennaio 2011

papa enzo.....



LA PAGINA DI PAPA' ENZO IN AFRICA.........http://mammmafrica.blogspot.com/

sabato 17 aprile 2010

Gino Strada ..un chirurgo.



Margherita Fina:
sono appena tornata da san giovanni..sono colma di commozione..sentirvi parlare delle vostre vite sacrificate e donate con tanto amore per cercare di arginare i mostruosi effetti di quest'ennesima inutile omicida-suicida guerra mi ha sopraffatta..grazie ad Emergency per esistere e per dare senso a quest'esistenza..e CORAGGIO!!


SALVATORI DA SALVARE

Quanno er monno va ar contrario,
chi fa er bene è ostacolato,
basta trovà un pretesto vario,
va a finir carcerato.

Se er mortaio spara errato,
e t’ammazza li civili,
er testimone va cacciato,
tramando bene tutti i fili.

Se si penza a ‘sti dottori,
che pel mondo van in missione,
pei feriti so’ salvatori,
pe’ chi comanna so’ un bubbone.

E perché la gente parla,
qualcun ha pure ammirazione,
la bontà è mejo arginarla,
e spararla col cannone.

Il chirurgo o il dentista,
per il bene della storia,
deve passà per terrorista,
e il maligno fa baldoria !

( dedicata ai tre operatori di Emergency )
17 aprile 2010





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LA TESTIMONIANZA DI VAURO



L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA



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dalla Stampa di Milano

MASSIMO GRAMELLINI


Sono d’accordo con l’Amato Premier. La mafia italiana è appena la sesta nel mondo (il prossimo anno non parteciperà neanche alla Champions),la sua fama è tutta colpa di «Gomorra».Che in realtà parla di camorra ed è pubblicato dalla casa editrice dell’Amato.
Ma sono quisquilie. Piuttosto: perché fermarsi a Saviano, dico io. Si chiami il ministro fuochista Calderoli e gli si commissioni un bel falò per buttarci dentro altri libri disfattisti.
Comincerei dai «Promessi sposi»:tutti quei bravacci e signorotti arroganti, che agli stranieri suggeriscono l’immagine fasulla di un Paese senza regole, dove la prepotenza e la furbizia prevalgono sul diritto.
E «Il fu Mattia Pascal»? Vogliamo continuare a diffondere la favola negativa dell’uomo che cercaun legittimo impedimento per potersi fare i fatti suoi? Nel fuoco, insieme con «La coscienza di Zeno», un inetto che non riesce nemmeno a liberarsi del vizio del fumo, quanto di più diseducativo per una gioventù che ha bisogno di modelli positivi come il vincitore di «Amici».

Porrei quindi rimedio alla leggerezza sconsiderata del «Gattopardo». «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
Hai trovato la formula segreta delpotere e la spiattelli in giro così?
In America nessun romanzo ha mai raccontato la ricetta della Coca-Cola.

Nel fuoco anche Tomasi di Lampedusa: con quel cognome da nobile sarà di sicuro comunista.E poi «Il nome della rosa».Morti e sesso torbido in un monastero. Di questi tempi! Il nome della Rosa è Pantera.
Il resto al rogo. Su con quelle fiamme e linea alla pubblicità.